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Biografia di Michelangelo Merisi

CARAVAGGIO

dove si trovano le opere di Caravaggio a Roma

Mappa di Roma con luoghi di interesse culturale segnati.
Ritratto di un uomo con barba di media lunghezza e capelli scuri ricci, indossando un mantello chiaro.

Il Caravaggio

Biografia di Michelangelo Merisi

Michelangelo Merisi, figlio di Fermo e Lucia Aratori, nacque a Milano il 29 settembre 1571 e fu battezzato il giorno seguente nella parrocchia di Santo Stefano in Brolo: a lungo, in passato, si è creduto che la città di nascita fosse Caravaggio, nel bergamasco, da cui deriva l’appellativo con cui egli è stato tramandato. Dopo un’infanzia passata tra Milano e Caravaggio, nel 1584 entra adolescente nella bottega di Simone Peterzano a Milano, dove rimane fino al 1587-88; nel 1592 è a Roma dove inizia a frequentare personaggi influenti dell’ambiente artistico. Nel 1594 compare tra gli stipendiati del cardinal Del Monte, nella cui casa rimarrà fino al 1600. Del Monte lo introduce presso un pubblico colto e selezionato di famiglie romane collezioniste di opere d’arte quali i Giustiniani, i Mattei, i Barberini, i Massimo. Dipinge opere quali: il Bacchino malato e il Giovane con la canestra di frutta. quindi, opere di maggior impegno e spessore quali il “Riposo durante la fuga in Egitto”, l'”Estasi di San Francesco” (1594 circa) e “La buona ventura” (1596 circa). Nel 1597 riceve l’incarico di dipingere alcune tele per la cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi: realizza così le “Storie di San Matteo” (“Vocazione di San Matteo”, “Martirio di San Matteo”, “San Matteo e l’angelo”), che lo rendono celebre ma anche molto contestato, in virtù di scelte piuttosto anticonvenzionali, quali il rifiuto della tradizionale identificazione di bello con buono, di brutto con cattivo. Negli anni seguenti, la storia di Caravaggio è costellata d’avvenimenti truci e violenti che si sovrappongono. Da un lato egli realizza numerose opere di notevole importanza che sottolineano la sua potenza creativa quali, tra il 1600 e il 1601, la “Crocifissione di San Pietro” e la “Conversione di San Paolo”; nel 1604 la “Madonna dei pellegrini o di Loreto”, nel 1605 la “Morte della Vergine”. Dall’altro, in questi stessi anni, si succedono senza interruzione denunce alla polizia, risse, processi, in buona parte conseguenza del suo temperamento violento ed impulsivo. Nel 1605 deve fuggire a Genova dopo aver ferito lo scrivano Mariano Pasqualone per difendere Lena, una delle sue modelle preferite con la quale aveva una relazione. Altro episodio particolarmente grave, è l’uccisione di Ranuccio Tomassoni nel maggio 1606, durante una partita di pallacorda, che costringe Caravaggio a fuggire prima nei feudi laziali dei Colonna e poi a Napoli dove realizza opere quali “Le sette opere di Misericordia” e la “Flagellazione di Cristo”. Nel 1608 giunge a Malta, dove gli viene commissionata la “Decollazione di san Giovanni Battista”, conservata appunto nel duomo di La Valletta. Accolto nell’ordine dei Cavalieri, è costretto alla fuga non appena si diffondono notizie riguardanti i motivi del suo esilio. Così si reca in Sicilia, dove rimane circa un anno e realizza opere quali il “Seppellimento di Santa Lucia”, eseguito a Siracusa per l’omonima chiesa; la “Resurrezione di Lazzaro” e l'”Adorazione dei pastori”, oggi esposte al museo di Messina. Ritornato a Napoli nell’ottobre del 1609, viene aggredito e gravemente ferito, mentre i suoi protettori romani si adoperano per ottenergli la grazia. Ancora convalescente, gli viene finalmente comunicata l’imminenza del perdono del papa; si imbarca per Roma ma è ancora perseguitato dal suo tragico destino: muore, durante il viaggio di ritorno, a Porto Ercole, il 18 luglio 1610 per cause rimaste ancora sconosciute, qualche giorno prima che, a Roma, venisse annunciata l’approvazione della domanda di grazia.
Caravaggio rappresenta uno dei cardini fondamentali della pittura italiana ed europea, la sua arte, profondamente classica, segna l’inizio della pittura successiva, sia per il naturalismo nella scelta dei soggetti, sia per il suo particolare luminismo, ottenuto da un gioco di luci che movimenta il dipinto, sintetizzando con pochi elementi tutta l’umanità della sua arte.
Giovane con corona di foglie e grappolo d'uva in mano.

Bacchino malato (circa 1593) - Galleria Borghese - olio su tela, cm. 67 x 53

Il Bacchino malato, così detto per il pallore del volto, è considerata una delle prime tele dipinte da Caravaggio a Roma, quando, in difficoltà economiche, accettava per sopravvivere qualsiasi lavoro gli venisse offerto. Come unanimemente accertato dalla critica, si tratta di un autoritratto dell’artista, probabilmente eseguito durante la convalescenza nell’ospedale della Consolazione di Roma, dopo una malattia di cui il colorito pallido del volto sarebbe indizio. Si tratta del primo dei quadri dipinti utilizzando uno specchio, quindi quasi una fotografia, del giovane pittore, che doveva avere all’epoca circa ventidue o ventitré anni. Quello del Bacchino è un volto singolare ma che sembra ben corrispondere nei particolarissimi tratti somatici ai vari autoritratti presenti nelle opere più tarde. La ragione del ricorso a questo artificio risiede probabilmente nel fatto che, in quel periodo, Caravaggio non poteva permettersi di pagare un modello per dipingere ed evidentemente si arrangiava ritraendo se stesso con l’aiuto di uno specchio.

Dipinto di un giovane che tiene un cesto di frutta.

Ragazzo con canestro di frutta (1593-1594) -Galleria Borghese - olio su tela, cm 70 x 67

Considerata opera giovanile di Caravaggio con una datazione che si colloca nel primissimo periodo romano, cioè tra il 1593 e il 1594. In questo dipinto iniziano a comparire alcuni tratti peculiari dello stile dell’artista, in seguito sviluppati e approfonditi nel corso della sua produzione successiva: la sorgente di luce proviene da sinistra, da una fonte fuori campo, e illumina il lato destro del giovane in modo che le zone contrastanti di luce e d’ombra conferiscono al soggetto un particolare effetto. Qui, forse per la prima volta, siamo di fronte a quel modo di utilizzare la luce cui Caravaggio rimase legato tutta la vita: la luce non è più quella universale, priva di una direzione precisa, inesistente in natura, che fino a quel momento era stata utilizzata dai pittori della sua epoca; al contrario, la fonte di luce solare proviene da una sorgente ben precisa, la finestra fuori campo in lato a sinistra, che illumina in pieno il lato destro del giovane e in parte lo sfondo, e attraverso il contrasto con le zone d’ombra mette in risalto gli oggetti, rendendoli quasi tangibili.

Due persone in abiti rinascimentali, una donna e un giovane uomo, interagiscono.

Buona Ventura (1594-1595) - Musei Capitolini-Pinacoteca Capitolina- olio su tela, cm 116 x 152

Questo dipinto rappresenta una giovane zingara, dallo sguardo ammaliante ed enigmatico, che trattiene un ragazzo incontrato in strada per leggergli la mano e predirgli la fortuna. La scena è raccontata con grande precisione di dettagli, sia negli abiti accuratamente descritti come pure nel particolare della spada, tipica lama cinquecentesca. Un restauro del 1985 ha svelato il dettaglio dell’anello d’oro che la zingara sta sfilando dalla mano del giovane, il che va a confermare la tesi che descriveva il quadro come la scena di un furto. La scelta del soggetto potrebbe essere stata ispirata dalle frequentazioni di Caravaggio con il mondo dei commedianti e delle rappresentazioni teatrali, mentre il significato, che esprime l’ammonimento a non cedere alle lusinghiere promesse dei falsi profeti, è incentrato sull’insegnamento morale.
Dipinto di una giovane donna seduta con la testa inclinata e gli occhi chiusi.

Maddalena penitente (circa 1595) -Galleria Doria Pamphilj- olio su tela, cm 123 x 98

Maria Maddalena è rappresentata come una giovane vestita di eleganti abiti che siede assorta e in lacrime su una seggiola, il capo chino, le mani intrecciate in grembo, i lunghi capelli sciolti disordinatamente sparsi su una spalla e all’indietro, lungo il collo e la schiena. Ai suoi piedi, nell’angolo sinistro della tela, una scena di natura morta: il vaso degli unguenti e gioielli, oro e perle, collane e orecchini a cui la donna ha rinunciato. La luce filtra tra i capelli; i toni cromatici, sono ancora distanti dai forti contrasti di luce e ombra che caratterizzeranno le opere successive. Gli oggetti ai piedi della Maddalena, emblemi della vanitas, sono ori e perle, queste ultime al tempo stesso simbolo di Venere, cioè del passato della donna, ma anche dell’amore per Cristo, appena accolto. L’influenza della cultura controriformistica è evidente: la Maddalena è una figura fondamentale nel Cattolicesimo post-tridentino, in quanto simbolo della possibilità di salvezza, anche qui espressa dalla luce che avvolge la figura attraverso il pentimento e il sacramento della confessione.
Dipinto di un angelo che suona il violino accanto a una figura seduta con un libro e una madre che allatta un bambino.

Riposo nella fuga in Egitto (1595-1596) - Galleria Doria Pamphilj - olio su tela, cm 135,5 x 166,5

La scena si svolge durante la fuga della Sacra famiglia in Egitto. Mentre, sul lato destro della tela, la Vergine e il Bambino sono addormentati, san Giuseppe, nella metà sinistra, tiene aperto uno spartito musicale davanti ad un angelo che suona il violino ed è collocato in modo da dividere in due parti la composizione. San Giuseppe ha gli occhi aperti e pensosi, che sembrano fissare il volto dell’angelo, e siede vicino al fagotto delle vettovaglie e alle bevande portate in viaggio, mentre, quasi nascosto nell’oscurità delle fronde, ma con l’occhio anch’esso fisso sull’angelo che suona, è l’asino che li ha accompagnati durante la fuga. I personaggi della scena sono immersi in un paesaggio aperto, come succede raramente nelle opere caravaggesche, dove però alle consuete palme egiziane della tradizione iconografica si sostituisce la morfologia della campagna romana e delle sponde del Tevere.
Dipinto di forma rettangolare con figure mitologiche attorno a un grande specchio circolare al centro.

Giove, Nettuno, Plutone (1599) - Casino Ludovisi- olio su muratura, cm 500 x 285

Il Casino Ludovisi, in passato residenza nobiliare nei pressi di Porta Pinciana, appartenne per alcuni anni al cardinale Francesco Maria del Monte: qui Caravaggio fu incaricato dal suo mecenate di dipingere la volta di un camerino, un ambiente dalle dimensioni assai limitate, che il porporato romano utilizzava per le sperimentazioni alchimistiche. Nella scena dipinta a olio sul soffitto, gli dei Giove, Nettuno e Plutone sono rappresentati ognuno con il proprio attributo mitologico. Da un lato Giove, signore del cielo, accovacciato sull’aquila, una delle sue incarnazioni; dall’altro lato i suoi fratelli Nettuno, signore del mare, con il cavallo marino dalle zampe palmate, e Plutone, re dell’Oltretomba, con in mano il tridente, accompagnato dal cane infernale a tre teste Cerbero. Le tre divinità sono inserire in un cielo solcato da nuvole che sembrano in movimento, disposte intorno alla sfera centrale luminosa e trasparente, verso cui Giove tende le braccia. Nel globo sono raffigurati il sole e la luna in congiunzione e la fascia dei segni zodiacali, contrassegnata dalle costellazioni dei Pesci, dell’Ariete, del Toro e dei Gemelli.
Un giovane inginocchiato che guarda il proprio riflesso nell'acqua.

Narciso (circa 1599) - Galleria Nazionale d'Arte Antica di palazzo Barberini - olio su tela cm. 113 x 95

Il Narciso è considerato uno dei quadri più suggestivi e affascinanti della pittura italiana di ogni tempo. La sua struttura compositiva affascina infatti fin dal primo sguardo, attraendo e imprigionando nel cerchio tracciato dalle due figure speculari. Il dipinto raffigura Narciso, punito dagli dei per aver respinto la ninfa Eco, che si specchia alla fonte in cui annegherà, rapito dalla bellezza della sua stessa immagine. Il soggetto è tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, un tema particolarmente diffuso nella letteratura del Cinquecento e del Seicento come allegoria dell’inganno dell’immagine. L’originalità compositiva della figura risiede soprattutto nell’invenzione della doppia figura “a carta da gioco” di cui è fulcro ideale il ginocchio in piena luce. Del tutto nuova è anche la concezione generale dell’opera, che eliminando i particolari descrittivi (il paesaggio, la ninfa Eco, gli attributi iconografici di Narciso) concentra qui l’attenzione sul dramma del protagonista, confermando il carattere astratto e concettuale del dipinto.
Dipinto di una donna decapitando un uomo, con un'anziana che osserva.

Giuditta che taglia la testa ad Oloferne (1599) - Galleria Nazionale d'Arte Antica di palazzo Barberini - olio su tela, cm. 145 x 195

Nella Giuditta, che è la prima tela in cui Caravaggio dipinge un soggetto altamente drammatico, è stato individuato il significato allegorico-morale della Virtù che vince il Male. La ferocia della scena, che contrasta con l’elegante e distante bellezza di Giuditta, appena corrucciata, è condensata nell’urlo disumano e nello spasimo del corpo di Oloferne con cui Caravaggio è riuscito a rendere con eccezionale efficacia l’attimo più temuto e rimosso della vita di un uomo: il momento del trapasso tra la vita e la morte. Il gigantesco Oloferne infatti non è più vivo, come indicano gli occhi rovesciati all’indietro, ma non è ancora morto dal momento che la sua bocca urla, il corpo si contrae e le mani si attanagliano al letto, da cui si è appena alzata Giuditta.
Dipinto di Caravaggio con uomini attorno a un tavolo e altri in piedi che indicano.

Vocazione di S. Matteo (1599-1600)- chiesa di S. Luigi dei Francesi-Cappella Contarelli - olio su tela, cm 322 x 340

La scena rappresenta un gruppo di figure sedute intorno a un tavolo, come nei Bari, mentre sono intente a contare il denaro delle gabelle: fra essi l’esattore delle tasse Matteo. A questo gruppo, che costituisce il blocco orizzontale a sinistra della tela, si contrappone il blocco verticale delle due figure collocate a destra: Cristo e Pietro. Una striscia di luce accompagna il gesto del Cristo, che chiama a sé Matteo il quale, stupito, ripete lo stesso gesto di Gesù con l’indice: la luce è simbolo della Grazia Divina che salva chi vuole intraprendere la retta via e che non tocca chi, come il gabelliere a sinistra, che continua a contare i denari, condanna se stesso alla pena eterna.
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